lunedì 16 novembre 2009



Ecco il secondo video tratto dallo spettacolo di Carlo Presotto: le favole raccontate sono "La passeggiata di un distratto" e "Il palazzo da rompere".
Seguono i testi originali di Rodari. In teatro sono stati riprodotti esattamente? Cosa c'è di diverso?

LA PASSEGGIATA DI UN DISTRATTO
- Mamma, vado a fare una passeggiata.
- Va' pure, Giovanni, ma sta' attento quando attraversi la strada.
- Va bene, mamma. Ciao, mamma.
- Sei sempre tanto distratto.
- Sì, mamma. Ciao, mamma.
Giovannino esce allegramente e per il primo tratto di strada fa bene attenzione. Ogni tanto si ferma e si tocca.
- Ci sono tutto? Sì, - e ride da solo.
E così contento di stare attento che si mette a saltellare come un passero, ma poi s'incanta a guardare le vetrine, le macchine, le nuvole, e per forza cominciano i guai.
Un signore, molto gentilmente, lo rimprovera:
- Ma che distratto, sei. Vedi? Hai già perso una mano.
- Uh, è proprio vero. Ma che distratto, sono.
Si mette a cercare la mano e invece trova un barattolo vuoto. Sarà proprio vuoto? Vediamo. E cosa c'era dentro prima che fosse vuoto? Non sarà mica stato sempre vuoto fin dal primo giorno...
Giovanni si dimentica di cercare la mano, poi si dimentica anche del barattolo, perché ha visto un cane zoppo, ed ecco per raggiungere il cane zoppo prima che volti l'angolo perde tutto un braccio. Ma non se ne accorge nemmeno, e continua a correre.
Una buona donna lo chiama: - Giovanni, Giovanni, il tuo braccio!
Macché, non sente.
Pazienza, - dice la buona donna. - Glielo porterò alla sua mamma.
E va a casa della mamma di Giovanni.
- Signora, ho qui il braccio del suo figliolo.
- Oh, quel distratto. Io non so più cosa fare e cosa dire.
- Eh, si sa, i bambini sono tutti così.
Dopo un po' arriva un'altra brava donna.
- Signora, ho trovato un piede. Non sarà mica del suo Giovanni?
- Ma sì che è suo, lo riconosco dalla scarpa col buco. Oh, che figlio distratto mi è toccato. Non so più cosa fare e cosa dire.
- Eh, Si sa, i bambini sono tutti così.
Dopo un altro po' arriva una vecchietta, poi il garzone del fornaio, poi un tranviere, e perfino una maestra in pensione, e tutti portano qualche pezzetto di Giovanni: una gamba, un orecchio, il naso.
Ma ci può essere un ragazzo più distratto del mio?
- Eh, signora, i bambini sono tutti così
Finalmente arriva Giovanni, saltellando su una gamba sola, senza più orecchie nè braccia, ma allegro come sempre, allegro come un passero, e la sua mamma scuote la testa, lo rimette a posto e gli dà un bacio.
- Manca niente, mamma? Sono stato bravo, mamma?
- Sì Giovanni, sei stato proprio bravo.

IL PALAZZO DA ROMPERE
Una volta a Busto Arsizio, la gente era preoccupata perché i bambini rompevano tutto. Non parliamo delle suole delle scarpe, dei pantaloni e delle cartelle scolastiche: rompevano i vetri giocando alla palla, rompevano i piatti a tavola e i bicchieri al bar, e non rompevano i muri solo perché non avevano martelli a disposizione. I genitori non sapevano più cosa fare e cosa dire e si rivolsero al sindaco.
- Mettiamo una multa?- propose il sindaco.
- Grazie tante,- esclamarono i genitori- e poi la paghiamo coi cocci.
Per fortuna da quelle parti ci sono molti ragionieri. Ce n'è uno ogni tre persone e tutti ragionano benissimo. Meglio di tutti ragionava il ragionier Gamberoni, un vecchio signore che aveva molti nipoti e quindi in fatto di cocci aveva una vasta esperienza.
Egli prese carta e matita e fece il conto dei danni che i bambini di Busto Arsizio cagionavano fracassando tanta bella e buona roba a quel modo. Risultò una somma spaventevole: millanta tamanta quattordici e trentatré.
- Con la metà di questa somma, - dimostrò il ragionier Gamberoni, - possiamo coswuire un palazzo da rompere e obbligare i bambini a farlo a pezzi: se non guariscono con questo sistema non guariscono piu.
La proposta fu accettata, il palazzo fu costruito in quattro e quattro otto e due dieci. Era alto sette piani, aveva novantanove stanze, ogni stanza era piena di mobili e ogni mobile zeppo di stoviglie e soprammobili, senza contare gli specchi e i rubinetti. Il giorno dell'inaugurazione a tutti i bambini venne consegnato un martello e a un segnale del sindaco le porte del palazzo da rompere furono spalancate.
Peccato che la televisione non sia arrivata in tempo per trasmettere lo spettacolo. Chi l 'ha visto con i suoi occhi e sentito con le sue orecchie assicura che pareva - mai non sia! - lo scoppio della terza guerra mondiale. I bambini passavano di stanza in stanza come l'esercito di Attila e fracassavano a martellate quanto incontravano sul loro cammino.
I colpi si udivano in tutta la Lombardia e in mezza Svizzera. Bambini alti come la coda di un gatto si erano attaccati agli armadi grossi come incrociatori e li demolivano scrupolosamente fino a lasciare una montagna di trucioli. Infanti dell'asilo, belli e graziosi nei loro grembiulini rosa e celesti, pestavano diligentemente i servizi da caffè riducendoli in polvere finissima, con la quale si incipriavano il viso.
Alla fine del primo giorno non era rimasto un bicchiere sano. Alla fine del secondo giorno scarseggiavano le sedie. Il terzo giorno i bambini affrontarono i muri, cominciando dall'ultimo piano, ma quando furono
arrivati al quarto, stanchi morti e coperti di polvere come i soldati di Napoleone nel deserto, piantarono baracca e burattini, tornarono a casa barcollando e andarono a letto senza cena.
Ormai si erano davvero sfogati e non provavano più gusto a rompere nulla, di colpo erano diventati delicati e leggeri come farfalle e avreste potuto farli giocare al calcio su un campo di bicchieri di cristallo, che non ne avrebbero scheggiato uno solo.
Il ragionier Gamberoni fece i conti e dimostrò che la città di Busto Arsizio aveva realizzato un risparmio di due stramilioni e sette centimetri.
Di quello che restava in piedi del palazzo da rompere, il Comune lasciò liberi i cittadini di fare quel che volevano. Allora si videro certi signori con cartella di cuoio e occhiali a lenti bifocali magistrati, notai, consiglieri delegati armati di martello, correre a demolire una parete o a smantellare una scala, picchiando tanto di gusto che ad ogni colpo si sentivano ringiovanire. - Piuttosto che litigare con la moglie, - dicevano allegramente, - piuttosto di spaccare i portacenere e i piatti del servizio buono, regalo della zia Mirina... E giù martellate.
Al ragionier Gamberoni, in segno di gratitudine, la città di Busto Arsizio decretò una medaglia con un buco d'argento.

8 commenti:

  1. cara prof. io l'ho letto tutto è molto interessante

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  2. è stato troppo forte il video perchè l'uomo muoveva i cubetti formando "cose".
    Noi volevamo sempre uscire ma poi vedavamo che l'uomo stava modificando la forma e allora l'abbiamo guardato fino alla fine

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  3. non so molto bene però cerco di impararlo presto

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  4. i cubetti xD
    nemmeno io avrei mai saputo cosa fossero quei "cosi" se non fosse stato per Ricagni.. il Tangram (o come si scrive), che storie.xD
    informazione utile per sembra colti, si saper parlare, conoscere molte cose e saperle inserire in un contesto, per cercare di dare al discorso quella "botta di cultura", ha ragione prof è importante

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  5. Giorgia, di cosa stai parlando?? Chiarisci questa cosa dei cubetti perchè non ne so proprio nulla!
    Cosa c'entra Ricagni?
    Help me!!

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  6. io non ho visto il filmato ma penso che si stia rifetendo a cosa stava usando l'uomo per fare le "cose";il tangram.

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  7. e noi il tamgram lo avevamo fatto l'anno scorso con Ricagni

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  8. Veramente? Antonio, raccontami tutto! Mi interessa capire come funzionano questi "cubetti"...

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